Filippo La Porta dialoga con Lucrezia Ercoli autrice di Yesterday (Ponte alle Grazie)
Il passato non è mai stato così presente. La nostalgia ha infettato tutto: dal remake cinematografico al techetechetè televisivo, dal vintage modaiolo al design retrò. Perfino i sapori devono assomigliare a “quelli di una volta”, le merendine confezionate devono ricordare i “bei tempi andati”. Non c’è nuova produzione culturale che non sia un reboot, non c’è nuovo fenomeno che non sia citazione del già detto o omaggio al già visto. La nostalgia, da sempre, è il sentimento dominante della “crisi”. Quando il presente è opaco e il futuro incerto, quando i cambiamenti sono troppo repentini e disorientanti, ci si tuffa nella geometria invariabile della nostalgia che ricostruisce un passato idilliaco, seleziona i ricordi positivi, sfronda i dettagli dolorosi, rinsalda le sicure radici. Il trauma provocato dalla pandemia – un evento catastrofico senza precedenti nella storia recente – sembra aver accelerato la diffusione della sindrome nostalgica a tutti i livelli e a tutte le età. Una vera e propria rimozione collettiva dello shock: mentre il mondo ci mostra che niente sarà mai più come prima, noi ci rifugiamo nel rassicurante ricordo del “come eravamo”. La nostalgia del passato si è trasformata in nostalgia del futuro.